Una sera nella vallata

di Giulio Cioffi

Dal grande serbatoio stipato sotto il blocco di cemento che fiancheggiava la capanna degli attrezzi, emergeva un forte odore di nafta. Il conducente dell'autocisterna aveva faticato a far manovra nello stretto viale che portava alla casa, per poter essere abbastanza vicino, così da riuscire ad infilare il tubo per il rifornimento ben dentro l'apertura. Faceva freddo e l'aria era cristallina. A dicembre nella vallata quando veniva sera, una folata di vento arrivava gelida e pulita dalle montagne in lontananza, anche se a loro sembrava piuttosto sollevarsi dritta dal suolo e guizzare a mordere le caviglie come per gioco, provocando l'eccitazione che poteva dare il saluto di un amico straniero e misterioso a due bambini di undici e dodici anni.
Il tecnico scese dal mezzo ben infagottato in un pesante giubbotto blu, con tuta e stivali di gomma, guanti alle mani e un cappello foderato con paraorecchie. Tirò la pompa con decisione fino al serbatoio disposto sul fianco del capanno, poi con passo deciso e accortezza tornò al mezzo, azionò il meccanismo e disse ai due bambini: “ecco, ci vorranno una ventina di minuti”.
Che fare nel frattempo? Avrebbero anche potuto risalire in casa e aspettare tranquillamente che il signore finisse il suo lavoro e se ne andasse senza bisogno di salutare o pagare alcunché, non spettava a loro quello. E monitorare? In assenza dei genitori avevano loro il ruolo di padroni di casa. Macché! Il signore lì aveva la faccia dell'operaio onesto, avrebbe fatto tutto come richiesto.
Era emozionante sentire il rumore della pompa che gettava il gasolio dentro il grande serbatoio, e l'odore della nafta che bucava l'aria fredda della sera, e avvolta nell'ombra la grande autocisterna che era venuta a ruggire nel silenzio della vallata per compiere un'opera buona, e ridare a tutti gli abitanti della casa la possibilità di accendere i termosifoni e farsi una doccia calda.
Sopra le loro teste il cielo era un telo enorme, lindo e vastissimo, dove una incredibile quantità di stelle era già visibile ad occhio nudo, luccicando dalle profondità; le costellazioni note, le poche lette su qualche mappa o insegnate loro dal padre, e le più piccole bocche luminose, che scintillavano fioche ma sicure, chiamando da altre galassie, inviando il loro saluto dall'infinito.
Nella semioscurità del cortile delle sagome inquietanti si muovevano torcendosi sull'erba, frusciando tra le siepi e a tratti borbottando: la padrona di casa il pomeriggio lasciava libere le galline del pollaio di gironzolare per il giardino e la strada, e se da un lato erano una compagnia ormai familiare e benvenuta in certe ore, mantenevano la carica spaventosa degli animali più semplici e facilmente soggetti alla paura: si poteva correre loro incontro e divertirsi a farle fuggire maldestramente in ogni direzione, dirigerle contro una parete o qualche catasta di legna per vederle schizzare via come saette al minimo movimento brusco. Ma quando era buio, allora, diventavano delle presenze gradite, delle compagne di ventura da tener buone e imparare a rispettare nel mezzo del grande mistero.
“Ohé, tra venti minuti inizia Ken il guerriero.”
“Bè?”
“Che non lo vuoi vedere?”
“Ha detto che ci vogliono venti minuti, avrà già finito no? Prima che comincia...”
Il motore che spingeva il gasolio dentro la grande cisterna di cemento strepitava monotono mentre il tecnico appoggiato con una mano alla fiancata del mezzo fissava la pompa senza alcuna insofferenza, pronto a interrompere l'emissione.
Il tempo passava lento, e il freddo si sentiva chiaro e lucido sulla pelle del viso, sulle mani scoperte, e addosso, sui vestiti, dove diventava un leggero vapore di brina. I due bambini fissavano il lungo tubo di gomma e si scambiavano immagini per definire la sua forma: - sembra un serpente marino accucciato sul fondo degli abissi; - sì, oppure il bordo di una piscina gonfiabile, di notte; - sì, e quanto è lunga? No, allora potrebbe essere, ecco, il tunnel dei Nani del Signore degli Anelli e poi mentre cammini si scopre che è l'interno di un mostro marino che ti ha inghiottito e devi trovare il modo di farti sputare fuori. - Sì bravo barone di Munchausen. - Ebbè, perché no? - Perché no. Allora facciamo che è un tubo e che finisce di mettere il gasolio nel serbatoio così andiamo di sopra a vedere Ken. - Bravo zeppola.
La mano guantata del conducente spinse il grande pulsante attaccato al retro del camion e l'iniezione del combustibile fu interrotta, il motore finì di rantolare metallicamente e fu silenzio. Poi il conducente, che ora era il tecnico, camminò deciso fino all'imboccatura della cisterna, tirò fuori il tubo e lo lasciò cadere a terra. Tornò al camion e avviò il motorino di riavvolgimento.
Durò tutto un paio di minuti. Finito il lavoro si avvicinò ai bambini dicendo semplicemente: “Ecco ragazzi, fatto. Allora ci vediamo.” - “Grazie. Buona sera” - “Buona sera” - “Salve", disse quello più piccolo.
L'uomo salì sul camion e rumorosamente partì, trascinandosi dietro un pezzo della vita di quella vallata.
I bambini si guardarono con complicità, pensando che quell'uomo era un brav'uomo, che era bello che la cisterna fosse piena, e che ora si poteva pure risalire. Ma il cielo era così sgombero e ampio che poterono solo fermarsi un istante a guardare l'innumerevole quantità di stelle alte sui loro occhi.

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