“Le voci di dentro” di Eduardo De Filippo, regia di Toni Servillo

E’ lo spettacolo che Eduardo scrisse nel 1948. Forse il più amaro, in cui De Filippo ragiona sulla cattiva coscienza, sulla violenza reciproca, morale e fisica, che può nascere dall’opportunità e dall’opportunismo e  che si protrae per vigliaccheria e vittimismo.
Sicuramente colpito dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale, rappresenta una famiglia in cui il protagonista, Alberto Saporito (Toni Servillo) crede di essere testimone e complice di un assassinio che svelerà poi conseguenze inaspettate, a travolgere l’equilibrio di una famiglia italiana tradizionale.

“Le voci di dentro” sta avendo un grande successo nella rappresentazione di Toni e Peppe Servillo: l’essere fratelli aggiunge dei tic famigliari e una bella verosimiglianza campana a questo spettacolo così gustoso, profondo ed emozionante. Come fa notare Toni Servillo, sempre acuto nelle sue spiegazioni di Eduardo, egli è l’ultimo grande autore italiano popolare: dopo di lui il teatro cercherà finezze formali che rischieranno di togliere predominanza al messaggio. Invece in tutte le opere di Eduardo il messaggio è complesso (come l’uomo), ma cristallino, come il suo onesto autore.
La pièce, per la regia di Toni Servillo (nella versione in dvd con la regia televisiva di Paolo Sorrentino ), è prodotta da Teatri Uniti, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Teatro di Roma.
Dopo essere stati nel 2014 al Teatro Comunale di Caserta, al Teatro San Ferdinando di Napoli, al Piccolo Teatro di Milano/Teatro Strehler di Milano, e in altri teatri italiani sono stati anche al Teatro Lliure di Barcellona.




Con: Chiara Baffi, Betti Pedrazzi,  Marcello Romolo, Peppe Servillo, Toni Servillo, Gigio Morra, Lucia Mandarini, Vincenzo Nemolato, Marianna Robustelli, Antonello Cossia, Daghi Rondanini,  Rocco Giordano, Maria Angela Robustelli, Francesco Paglino
Scene: Lino Fiorito; costumi: Ortensia De Francesco; luci: Cesare Accetta; suono: Daghi Rondanini; aiuto regia: Costanza Boccardi.
Affrontare le sue opere significa insinuarsi in quell’equilibrio instabile tra scrittura e oralità che rende ambiguo e sempre sorprendente il suo teatro. Seguendo il suo insegnamento cerco nel mio lavoro di non far mai prevalere il testo sull’interpretazione, l’interpretazione sul testo, la regia sul testo e sull’interpretazione. Il profondo spazio silenzioso che c’è fra il testo, gli interpreti ed il pubblico va riempito di senso sera per sera sul palcoscenico, replica dopo replica. (Toni Servillo)

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