L'arpa di Stickney

L’ultimo concerto della Gioventù musicale al Teatro Gentile di Fabriano il 30 aprile scorso
Simpatico, cordiale, virtuoso, versatilissimo. Se volessimo partire dal lato umano di Part Stickney, racconteremmo che innanzi tutto si è scusato del suo concerto tutto in inglese, ma si è rifatto subito congratulandosi con il pubblico: “you sounds really good!”.
Che ha raccontato ogni singolo pezzo prima di interpretarlo, che fosse classico, ragtime, jazz, tango o pop.

Che un giorno, mentre aspettava una studentessa per una lezione privata per lui particolarmente mattiniera (alle 9.00) che poi non si è mai presentata, ha composto un blues intitolato “Where is Mary...?” seguito dal cognome (“dirò il titolo del brano, ma non il nome della ragazza, per rispetto”, ha sentenziato sornione).
Ha raccontato che da piccolo viveva in Arizona, la terra del cowboy dei fumetti Lucky Luke, e nel tragitto per le vacanze, mentre lui era costretto sul sedile dietro, nell’auto che percorreva queste lunghe distanze per ore ed ore, annoiato dal non poter far nulla se non prendersi a pugni con il fratellino, la mamma lo teneva buono con la promessa di un “angolo della sorpresa” indicato con certezza smaliziata nella mappa, un incrocio dietro al quale si sarebbero fermati per comprare un regalo. E che questo mitico angolo della sorpresa a cui ha smesso di credere, con delusione, a vent’anni, è stato l’innesco di un pezzo dal sapore “southern American” che ci ha lasciati senza fiato.



Ma se il lato biografico di Stickney, arpista di New York classe 1969, conosciuto anche dal pubblico di Umbria Jazz e professore di arpa jazz alla Royal Academy of Music di Londra, vi dovesse annoiare, sappiate che si tratta del più grande arpista jazz attuale, in grado di suonare e improvvisare qualsiasi cosa – molto facile per lui giocare con cinque note lanciate dal pubblico del Gentile – e di riprodurre contemporaneamente più parti dell’organico di un gruppo, per un brano jazz o pop. Ecco che le sue molte cover, che si sono aggiunte ai brani originali, hanno offerto una visione del tutto nuova di standard come “Take Five” di Dave Brubeck o “Caravan” di Duke Ellington, di un pezzo rock e a cappella come “Bohemian Rapsody” dei Queen, di un greatest hit emozionante come “Fragile” di Sting, o del più noto tango di Astor Piazzolla, “Libertango”.
Difficile da spiegare, ma tante voci, tante intenzioni in un solo esecutore, tante reinterpretazioni in un solo pezzo e tanti strumenti in uno – sapori di percussioni, bassi elettrici, chitarre, violini, bandoneón - non si erano mai sentite in un concerto d’arpa, strumento solitamente inserito nel contesto classico.
Ottima scelta della GMI di Fabriano che chiude con successo questa stagione con l’augurio, fatto dal presidente Alberto Signori, di poter proporre la stessa qualità anche il prossimo anno, nonostante le difficoltà economiche che colpiscono il Comune di Fabriano in questi tempi.

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