Giovan Battista Salvi, il Sassoferrato, in mostra nel suo paese natale fino al 5 novembre 2017.
Ci ha messo un po' Sassoferrato, dopo la mostra del 1990, per rendere omaggio all'artista barocco Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato (Sassoferrato, Ancona, 1609 – Roma 1685), che da questo luogo trae il nome con cui è passato alla storia. Ed ecco che, dopo Perugia in una mostra co-curata da Sgarbi e Cristina Galassi, la città del Salvi ha organizzato un evento monografico aperto a giugno di quest'anno, fino ai primi di novembre.
Sono serviti, forse, il contributo del MIbact e un prestito importante, quello di ventuno disegni preparatori del Salvi, dalla Collezione del Royal Library del Castello di Windsor in Inghilterra concessi dalla regina Elisabetta.
La mostra è co-curata da Stefano Papetti (che ha curato anche la fabrianese "Da Giotto a Gentile", raccontata in questo mio servizio) e François Macé de Lépinay, il maggior conoscitore vivente del pittore sentinate. Gli organizzatori, in sede di presentazione, hanno previsto 65mila visitatori.
Palazzo degli Scalzi, dunque, ci accoglie, in quello che è anche l'ingresso di una collezione contemporanea, denominata MAM'S, in questa mostra composita dove è possibile ammirare i bozzetti (praticamente dei perfetti disegni preparatori affascinanti quanto i quadri), realizzati su carta grigia di cencio e uno solo su filigrana, che è possibile confrontare con i relativi dipinti, in cinque sale. Alcuni fogli sono sfruttati sia nel recto che nel verso, con soggetti tra loro slegati, oppure negli angoli in basso, dove si scoprono esercizi e bozze di dettagli come mani e panneggi.
Sassoferrato era figlio del pittore Tarquinio, ma si forma alla scuola del Domenichino a Roma. I maestri cui si ispira sono Francesco Albani e Guido Reni, ma anche Raffaello.
E' proprio nel secondo novecento, quando l'esaltazione di Guido Reni coincide con una rivalutazione del barocco dopo l'ostracismo delle avanguardie, che Salvi viene rispolverato e rivalutato. Così spiega Federico Zeri, intervistato in un documentario Rai proiettato nella sala al piano superiore della mostra, all'interno del MAM's.
Giovanni Battista Salvi non ha nulla del barocco che conosciamo: non l'oscurità dei fondi e delle ombre, non i visi scavati ed espressivi caravaggeschi, né le sue luci laterali, non i corpi allungati ed esagerati nelle proporzioni dei pittori barocchi, ma un classicismo di stampo raffaellesco, un equilibrio di pochi colori primari - carminio, blu, oro, il suo bianco mai puro ma brillante di ocra - la pennellata invisibile che pare di ceramica smaltata.
L'incarnato dei soggetti religiosi è illuminato da una luce diffusa, eterea, soprattutto per la vergine Maria, rappresentata con tratti simili in tutti i dipinti: il naso diritto, la piccola bocca, la fossetta sopra il mento rivelano probabilmente una modella comune per tali soggetti, testimoni dell'Amore virginale e coniugale al tempo stesso... niente meno che la moglie del Salvi.
Passato nei libri di arte come pittore ripetitivo di soggetti religiosi, anzi delle madonne (era detto "Pictor Virginium" per esser precisi) invece ebbe molti committenti privati.
Le sue prerogative stilistiche sono visibili anche nei ritratti, cui si applica con dedizione: noti sono quelli del cardinale Ottoboni e del monsignor Prati, il suo autoritratto, presenti nella mostra (tranne l'autoritratto, conservato nella Galleria degli Uffizi).
Nella contigua Chiesa di Santa Chiara invece si può restare a bocca aperta di fronte alla bellissima infiorata realizzata da mastri infioratori di Fabriano delle porte Borgo, Cervara, Piano e Pisana (che ad ogni Palio di San Giovanni riempiono la città di scenografici disegni colorati con fiori, polveri, segatura e materiali vari) sulla base della“Madonna col Bambino e san Giovannino” conservata nella pinacoteca di Brescia. Ne emerge una mostra monografica interessante che invita a una nuova, forse più profonda, accurata conoscenza del Sassoferrato anche in relazione agli artisti coevi, da cui in qualche modo si distinse per mezzo di uno stile misurato e classicista.
Ci ha messo un po' Sassoferrato, dopo la mostra del 1990, per rendere omaggio all'artista barocco Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato (Sassoferrato, Ancona, 1609 – Roma 1685), che da questo luogo trae il nome con cui è passato alla storia. Ed ecco che, dopo Perugia in una mostra co-curata da Sgarbi e Cristina Galassi, la città del Salvi ha organizzato un evento monografico aperto a giugno di quest'anno, fino ai primi di novembre.
Sono serviti, forse, il contributo del MIbact e un prestito importante, quello di ventuno disegni preparatori del Salvi, dalla Collezione del Royal Library del Castello di Windsor in Inghilterra concessi dalla regina Elisabetta.
La mostra è co-curata da Stefano Papetti (che ha curato anche la fabrianese "Da Giotto a Gentile", raccontata in questo mio servizio) e François Macé de Lépinay, il maggior conoscitore vivente del pittore sentinate. Gli organizzatori, in sede di presentazione, hanno previsto 65mila visitatori.
Palazzo degli Scalzi, dunque, ci accoglie, in quello che è anche l'ingresso di una collezione contemporanea, denominata MAM'S, in questa mostra composita dove è possibile ammirare i bozzetti (praticamente dei perfetti disegni preparatori affascinanti quanto i quadri), realizzati su carta grigia di cencio e uno solo su filigrana, che è possibile confrontare con i relativi dipinti, in cinque sale. Alcuni fogli sono sfruttati sia nel recto che nel verso, con soggetti tra loro slegati, oppure negli angoli in basso, dove si scoprono esercizi e bozze di dettagli come mani e panneggi.
Sassoferrato era figlio del pittore Tarquinio, ma si forma alla scuola del Domenichino a Roma. I maestri cui si ispira sono Francesco Albani e Guido Reni, ma anche Raffaello.
E' proprio nel secondo novecento, quando l'esaltazione di Guido Reni coincide con una rivalutazione del barocco dopo l'ostracismo delle avanguardie, che Salvi viene rispolverato e rivalutato. Così spiega Federico Zeri, intervistato in un documentario Rai proiettato nella sala al piano superiore della mostra, all'interno del MAM's.
Come sottolinea Federico Zeri vi sono molte opere copie autografe quasi identiche: lui stesso le realizzava, non la sua bottega, e le firmava, e nessuna può dirsi inferiore, per accuratezza e tecnica, all'altra.Alcune sono presenti nella mostra, come le copie della Madonna Orante: una dai musei civici di Macerata, l'altra dal monastero di Santa Chiara di Sassoferrato, un'altra dal palazzo episcopale di Madrid, altre da Ancona (pinacoteca) e Vienna (Harrach).
Giovanni Battista Salvi non ha nulla del barocco che conosciamo: non l'oscurità dei fondi e delle ombre, non i visi scavati ed espressivi caravaggeschi, né le sue luci laterali, non i corpi allungati ed esagerati nelle proporzioni dei pittori barocchi, ma un classicismo di stampo raffaellesco, un equilibrio di pochi colori primari - carminio, blu, oro, il suo bianco mai puro ma brillante di ocra - la pennellata invisibile che pare di ceramica smaltata.
L'incarnato dei soggetti religiosi è illuminato da una luce diffusa, eterea, soprattutto per la vergine Maria, rappresentata con tratti simili in tutti i dipinti: il naso diritto, la piccola bocca, la fossetta sopra il mento rivelano probabilmente una modella comune per tali soggetti, testimoni dell'Amore virginale e coniugale al tempo stesso... niente meno che la moglie del Salvi.
Passato nei libri di arte come pittore ripetitivo di soggetti religiosi, anzi delle madonne (era detto "Pictor Virginium" per esser precisi) invece ebbe molti committenti privati.
Le sue prerogative stilistiche sono visibili anche nei ritratti, cui si applica con dedizione: noti sono quelli del cardinale Ottoboni e del monsignor Prati, il suo autoritratto, presenti nella mostra (tranne l'autoritratto, conservato nella Galleria degli Uffizi).
Madonna orante, Pinacoteca Civica Podesti, Ancona |
Nella contigua Chiesa di Santa Chiara invece si può restare a bocca aperta di fronte alla bellissima infiorata realizzata da mastri infioratori di Fabriano delle porte Borgo, Cervara, Piano e Pisana (che ad ogni Palio di San Giovanni riempiono la città di scenografici disegni colorati con fiori, polveri, segatura e materiali vari) sulla base della“Madonna col Bambino e san Giovannino” conservata nella pinacoteca di Brescia. Ne emerge una mostra monografica interessante che invita a una nuova, forse più profonda, accurata conoscenza del Sassoferrato anche in relazione agli artisti coevi, da cui in qualche modo si distinse per mezzo di uno stile misurato e classicista.
dettagli del catalogo della mostra dedicata a Giovanni Battista Salvi |
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