Giancarlo Siani, cosa significa ricordarlo

Il ventiseienne Giancarlo Siani, giornalista del “Mattino” di Napoli, l’abusivo Siani, il coraggioso, sorridente, idealista ragazzo di buona famiglia Giancarlo Siani moriva trent’anni fa, esattamente il 23 settembre 1985. Ad ucciderlo furono due sicari della camorra, dietro piazza Leonardo, al Vomero, Napoli. Lo trovarono riverso nella sua macchina decappottabile verde acido. Gli avevano sparato perché era scomodo e coraggioso, perché faceva il suo mestiere con tutti i crismi, diversamente da altri più pagati e meno esposti. Lo ammazzarono tutti i pezzi scritti sulla camorra da corrispondente da Torre Annunziata, quando andando in strada, chiedendo, ascoltando, indagando, aveva descritto l’ascesa della “Nuova famiglia”.

In particolare, si ritiene, per un articolo relativo all'arresto del boss di Torre Annunziata Valentino Gionta, che sarebbe stato tradito degli uomini del clan Nuvoletta. Giancarlo era un ragazzo che aveva creduto nel movimento del ’77 e abbracciato il pacifismo, che era cresciuto in un quartiere bene di Napoli e per idealismo aveva voluto fare il giornalista. Si era visto passar davanti amici ed amiche di politici e figli dei giornalisti già incardinati; aveva fatto il corrispondente per 5 anni senza contratto, e poi quando era entrato al “Mattino”, pubblicista, era un “corrispondente” che però lavorava in redazione… paradossalmente. Il libro L’abusivo di Antonio Franchini racconta che sulla sua scrivania era umoristicamente affisso il cartello con scritto “schiavo”, poi tolto in fretta e furia con l’assedio dei fotografi dopo la sua morte. Nel 1985 ci fu subito l’ordinanza cautelare per Valentino Gionta, Angelo e Lorenzo Nuvoletta e Luigi Baccante, come mandanti dell’omicidio di Giancarlo Siani. Nel '97 il processo di primo grado condanna all’ergastolo i tre mandanti (Lorenzo nel frattempo era deceduto) e gli esecutori Ciro Cappuccio e Armando Del Core. Nel ’99 l’appello, che conferma per mandanti ed esecutori.

 Il giudizio definitivo della Cassazione il 24 giugno 2004 ha definitivamente assolto Gionta "per non aver commesso il fatto” e cancellato la condanna senza rinvio del collaboratore di giustizia Ferdinando Cataldo, accusato di essere uno dei killer da un pentito, che è quindi da ritenersi innocente per l’omicidio Siani.


In un libro inchiesta il giornalista Roberto Paolo ipotizza che mandanti e sicari non siano stati identificati: Il caso non è chiuso, Roma, Castelvecchi, 2014. Alla luce dei risultati dell’inchiesta giornalistica dì Roberto Paolo, la Procura di Napoli ha deciso di riaprire un fascicolo d'inchiesta. Quella dell’abusivo Siani è una storia legata agli anni Ottanta, quando “per diventare giornalista dovevi fare il giornalista”, ma che si specchia nell’Italia di adesso, ora che la camorra, come mafia e ‘ndragheta, non è più un affare solo del Sud. Nell’Italia di adesso esistono ancora i clan di camorra, i giornalisti coraggiosi e quelli ruffiani, quelli strapagati e quelli sfruttati, le inchieste pericolose. Siani va ricordato, ma la sua immagine non va cristallizzata nel passato: una persona normale, un modello e un amico, per quelli che hanno la schiena dritta e guadagnano terreno in una strada senza scorciatoie.  

Alcuni libri: *Nel libro dell’avvocato di Ferdinando Cataldo, Arturo Buongiovanni (Intendo rispondere, Roma, Donzelli, 2008) si ripercorre la vicenda del pentito in riferimento al caso Siani. *E’ la non fiction di Antonio Franchini (L’abusivo, Venezia, Marsilio, 2009) a restituire veridicità letteraria alla storia di Siani. *Le ultime ricerche sono in Roberto Paolo, Il caso non è chiuso, Roma, Castelvecchi, 2014. Sara Bonfili

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