Caracas, il progetto di Valerio Corzani e Stefano Saletti


Caracas è il risultato di una fertile partnership tra Valerio Corzani (Mau Mau, Mazapegul, Gli Ex, Interiors) e Stefano Saletti (Novalia, Piccola Banda Ikona, Café Loti, Sete Sois Sete Luas Orchestra). I due hanno composto, arrangiato, suonato e prodotto l’album omonimo (uscito a maggio per Materiali Sonori). Un progetto interessante che mescola la musica del Mediterraneo con i suoi strani strumenti (oud, bouzouki, marranzano, derbouka, tamorra) e i ritmi in levare, il reggae innanzi tutto, ma non solo.
Nell’attesa di sentirli domenica 13 settembre a Fano lido (Pu), alle ore 21.00  - oggi sono all’Orso Bianco di San Piero in Bagno (Fc) h 21.30 e domani a Villacolle di Cesena (Fc) h.22.00 - abbiamo posto alcune domande a Valerio Corzani e Stefano Saletti.  


Raccontateci com’è nato il progetto di Caracas e brevemente la vostra storia. 

Stefano: "E' nato dalla voglia di fare musica insieme. Con Valerio ci conosciamo da anni e a un certo punto è stato spontaneo provare a mettere insieme le nostre esperienze, l'uso dei miei strumenti mediterranei e non (oud, bouzouki, cavaquinho, chitarre) con i suoi bassi profondi. Abbiamo cominciato a vederci ogni lunedì al mio studio e come per magia ogni volta uscivamo con un brano praticamente finito. L'intuizione di Valerio di lavorare sul concetto del "levare" cioè di quell'accento ritmico che caratterizza la musica reggae è stato decisivo. Abbiamo giocato con l'elettronica, con i campionamenti e i loop mantenendo sempre uno strumento a dare la pulsazione e così si spiega questo andamento ballonzolante che caratterizza tutto il progetto. Io vengo da anni di lavoro sulle musiche del Mediterraneo, prima con i Novalia, poi con la Piccola Banda Ikona e il Cafè Loti, passando per gli ensemble che ho diretto in Europa con il Festival Sete Sois Sete Luas. Valerio è stato il cuore pulsante dei Mau mau e dei Mazapegul... ma per parlare delle sue esperienze è meglio che prosegua lui”.
Valerio: "Io ho sempre avuto una personalità piuttosto famelica e curiosa, è questo che mi accomuna all’indole di Stefano ed è questo che mi ha portato a dividermi tra musica, radio, giornalismo, fotografia e quel che io chiama globetrotteryng, ovvero spostarsi di continuo alla ricerca di cose. Il mio lavoro a Radio3 e tutti i progetti musicali che sono seguiti alle avventure con Mau Mau e Mazapegul degli anni ’90 ovvero Daunbailò, Gli Ex, Interiors, recentemente la collaborazione con Teresa De Sio sono tutte conseguenze della stessa attitudine messa al servizio di strumenti e arti diverse…"

Cosa viene fuori mescolando Giamaica, Africa, Mediterraneo e Latinoamerica? o almeno cosa avete cercato di far venir fuori?

S.: "Viene fuori la voglia di giocare con la musica, senza barriere e stili precostituiti. E' una maniera di immaginare un suon urbano e world che puoi ascoltare dalla Spagna all'Italia al Sudamerica alla Grecia, senza un'identità precisa ma che le contenga tutte. E, soprattutto, con una buona dose di ironia che non guasta mai. Ci siamo divertiti a farlo e ci divertiamo quando andiamo in giro a suonare e ci piace vedere la risposta del pubblico, come si lascia andare e comincia a muoversi e ancheggiare…".
V.: “Dal vivo poi si aggiungono il giovanissimo talento di Eugenio (il figlio di Stefano) alla chitarra e quello di Erica Scherl che oltre a disimpegnarsi mirabilmente al violino aggiunge anche il timbro di una tastiera digitale. Il nostro è reggae davvero anticonvenzionale, intriso di suoni del mondo, aperto alla sorpresa e alle alchimie, anche a quelle elettroniche".

Quanti dischi avete all’attivo e qual è la vostra attività live?

S.: "Come Caracas è il primo, invece tra Novalia, Piccola Banda Ikona, e altri lavori sono un bel po'... 15 dischi in 30 anni di vita artistica. Quando mi guardo indietro mi spavento: ho cominciato quando i dischi si facevano sul nastro a 24 tracce e i tagli di editing erano dei veri e propri interventi chirurgici e oggi basta un'app sul telefonino per creare musica... insomma tutto è cambiato, il mercato, le radio, i giornali, internet, ma non è cambiato il live. Il rapporto con il pubblico e l'emozione di salire su un palco è rimasta la stessa sia se suoni in un auditorium davanti a 2000 persone che in un piccolo club. Certo, viaggiando spesso all'estero, si vede quanto fuori dell'Italia si investa di più sulla musica e sulla cultura, ma questo ci porterebbe lontano.”


V.: "Vale anche per me la riflessione di Stefano: per Caracas è un’esordio, ma in una trentina d’anni di musica ho registrato e partecipato a una ventina di dischi e suonato in migliaia di palchi (dai 300.000 di Piazza San Giovanni ai grandi festival europei fino ai piccoli club da trenta persone e agli house-concert…). Sottoscrivo quel che dice il mio socio: la magia del concerto dà il senso a tutte le cose che fai come musicista".

E’ una musica molto descrittiva: ascoltandola, mi pare molto adatta ad illustrare immagini, cortometraggi, performance e quanto la fantasia permetta… Immagino che lo abbiate fatto...

V.: "Intanto sta per uscire il nostro primo videoclip. Abbiamo scelto il brano che apre l’album “El presidente”, una cavalcata irresistibile nella grande epopea dei presidenti e dei dittatori centro e sudamericani in cui si alterneranno immagini di repertorio e piccoli sketch danzerecci. L’uscita è prevista per la seconda metà di settembre…detto questo vista la caratteristica che anche tu hai sottolineato non ci dispiacerebbe regalare la nostra musica anche alla sigla di una trasmissione radiofonica, a un cartone animato, a un programma televisivo o a un film…e non è detto che in futuro non accada".
S.: "Sì è vero, con le immagini funziona. Essendo poi in larga parte una musica strumentale, con la voce utilizzata o per fare dei cori o per piccoli interventi parlati, lascia spazio alla fantasia, non ti ingabbia in un significato preciso e fa viaggiare la mente. E' uno dei punti di forza di Caracas e nasce anche dal fatto che né io né Valerio siamo dei cantanti nel senso stretto del termine. Così abbiamo fatto di un nostro limite un punto di forza creativo".

Siete musicisti molto aggiornati e curiosi: potete darci una prospettiva sul mercato della musica, sulle sue possibili evoluzioni?

V.: “La musica sta cercando nuovi modelli di business, nuove tattiche di marketing, nuovi supporti, nuove pratiche e  lo fa affannosamente, confusamente, disperatamente. Nel frattempo gira un po’ a vuoto e intanto i musicisti per fortuna non stanno a guardare. Continuano a creare, inventare, sognare anche se è sempre più difficile monetizzare. Il crowfounding ad esempio sembrava una via interessante, per certi aspetti lo è ma non sembra poter funzionare come unica risorsa. Il live è stato sempre un altro bel polmone per chi vuole vivere con la musica. Ora gli spazi e i cachet si sono ristretti in modo scandaloso e c’è il killeraggio scorretto delle coverband che (un po’ come facevano una volta i musicisti di piano bar) si mangiano tutto senza offrire niente di originale. Se si trovasse un modo per rendere di nuovo tonico il settore dei live sarebbe già una boccata d’ossigeno per migliaia di operatori e di musicisti".
S.: "E' inutile piangersi addosso su com'era bello il mercato dieci anni fa e come sia tutto brutto oggi. Non è così. Da sempre la tecnologia ha cambiato il modo di pensare, di comporre, di produrre e di commercializzare la musica. Oggi ci sono molte più possibilità. Prima c'era un imbuto, la casa discografica, e tutto passava da lì. Oggi al centro c'è la tua musica e la tua capacità di essere creativo e innovativo. Hai un'idea e dopo dieci minuti la puoi mettere a disposizione dell'universo mondo. C'è il crowdfunding, c'è You tube, ci sono Spotify (che non amo) e altre cose simili. Certo, come spiega David Byrne nel suo bel libro Come funziona la musica, tutto è più facile se ti chiami David Byrne o Brian Eno. Ma il problema è che ognuno deve lavorare per migliorare se stesso e creare cose sempre più interessanti. Noi abbiamo fatto il disco con la Materiali sonori, un'etichetta storica del mercato indipendente, e continuiamo a vendere i cd ai concerti ed è un bel momento quando lo firmi e incontri il pubblico. Per me il disco resta centrale perché ti dà un concept e un limite di tempo e di spazio e anche una sua fisicità che continuo ad amare. Ma è chiaro che nel futuro sarà o tutto liquido o tornerà il massimo dell'analogico che è il vinile. Il cd sarà sempre più residuale. E il guadagno per un musicista sarà quasi tutto sul live".
Caracas è il 13 settembre a Fano lido (Pu), ore 21.00, al Festival del brodetto, in collaborazione con Festival Adriatico Mediterraneo. 
Sara Bonfili

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