I viaggi nella storia di Paolo Rumiz / 1


Il Giornalista di "Repubblica" e "Il Piccolo" e scrittore Paolo Rumiz, oltre ai tanti libri, ha anche realizzato un documentario. " Sulla strada di Rommel",  si chiama, e parla di quel primo tenente Erwin Rommel che fu tra i protagonisti dello sfondamento austrotedesco il 24 ottobre 1917 a Caporetto. Una vittoria temporanea. Furono bombardati sulla montagna per 6 ore. La sua strada è quella dei vinti e della storia recente di Trentino, Alto Adige, Friuli, e confini ancora irredenti dell'Italia del Nord est. 



 Kobarid o Caporetto


Perché avete deciso di fare il museo proprio qui? - chiede Rumiz nel suo documentario al direttore del Museo della guerra di Caporetto. "Perché è un luogo di incontro di due culture perché era turistico ed è stato sostenuto da tutti gli uffici turistici della zona". Il museo ha ricevuto il più alto riconoscimento nazionale in ambito museale, il premio del Consiglio d’Europa per i musei e la nomina per migliore museo europeo dell’anno.

Il museo di Kobarid (Caporetto) è centro della rappresentazione delle memorie del fronte isontino su scala slovena, europea e mondiale, con cimeli, fotografie, materiale documentale, proiezioni, testimonianze di scrittori come Ernest Hemingway ed Erwin Rommel. Insieme al museo ci sono diversi monumenti collegati dal sentiero storico di Kobarid, lungo 5 km. 


Paolo Rumiz ha dedicato alla guerra sul fronte giuliano anche un libro, "Come cavalli che dormono in piedi" (Premio Alassio 2015).
Nell’agosto del 1914, più di centomila trentini e giuliani vanno a combattere per l’Impero austroungarico, di cui sono ancora sudditi. Muovono verso il fronte russo quando ancora ci si illude che “prima che le foglie cadano” il conflitto sarà finito. Invece non finisce.  E quando come un’epidemia si propaga in tutta Europa, il fronte orientale scivola nell’oblio, schiacciato dall’epopea di Verdun e del Piave. Ma soprattutto sembra essere cassato, censurato dal presente e dal centenario della guerra mondiale, come se a quel fronte e a quei soldati fosse negato lo spessore monumentale della memoria.

Paolo Rumiz comincia da lì, da quella rimozione e da un nonno in montura austroungarica. E da lì continua in forma di viaggio verso la Galizia, la terra di Bruno Schulz e Joseph Roth, mitica frontiera dell’Impero austroungarico, oggi compresa fra Polonia e Ucraina.

 Caporetto, per Rumiz, parla ancora tanto dei caduti di guerra, molto più di tanti Redipuglia.




Quando Rumiz preannuncia il documentario non manca di ricordare i campanili a cipolla, locuzione già sentita. Questo simbolo accompagna il viaggio di Rumiz da Trieste a Instanbul, in"Tre uomini in bicicletta", certamente una citazione letteraria, ma pure semplice verità, dato che i tre, Rumiz, Altan e un amico hanno percorso duemila chilometri fino a veder spuntare i minareti delle moschee di Instanbul.



Con le sole leve delle gambe: fatica, scoraggiamenti, problemi tecnici, traffico a rischio di mortalità nei pressi di Instanbul. Parlando anche ella desolazione delle terre di mezzo, i Balcani.
E questa è un'altra storia che merita di esser letta nel suo libro .

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