Su "La Straniera" di Claudia Durastanti



Claudia Durastanti, che attualmente vive a Londra, ha voluto raccontare della sua famiglia di immigrati in America e di genitori sordi.

Ha messo nel libro "La straniera" la propria storia personale di stranger, in quanto espatriata, e di estranietà nei confronti dei genitori, non udenti, per motivi che variano dall'incidente al patrimonio genetico. Anche relativamente alla causa dell'handicap dei genitori la mitologia si mescola con la realtà: tra tarocchi e leggende metropolitane il padre e la madre raccontavano il motivo della propria menomazione in modo incerto, e in modo diverso l'occasione del loro primo incontro. 


L'incipit contradditorio del libro, basato sull'episodio della conoscenza del padre e della madre di Claudia, ci mette subito in guardia. 
Della serie "state attenti perché io sono la scrittrice, figlia dei mercanti di sogni e narratori in un lingua inventata, figlia di genitori che non la raccontano giusta neanche a me, non credete a tutto ciò che racconto".

LA LINGUA 

A mamma e papà Claudia tutta l'infanzia cerca di somigliare sapendo di esser diversa, non impara la lingua dei segni ma si esprime in un "pidgin" usato dai genitori; cerca di condividere le scelte, ama la famiglia di origine così da stereotipo di immigrato ma così vera, tra feste popolari e balli della comunità italiana a New York. Claudia si è ritrovata nella campagna lucana di cui non si parlava mai in televisione, nelle strade di New York ha vissuto un'infanzia da immigrata, a Londra è maturata cercando di non perdersi.

A proposito di LONDON: libro "La straniera" di Claudia Durastanti parla anche di quando cominci ad essere integrata nel luogo in cui vivi e inizi a notare le differenze, gli accenti, il classismo. Anche quella che Claudia Durastanti chiama “lingua sociale”. 

Per una come lei - “la figlia della muta” le dicevano in Basilicata anche se la mamma era sorda - le giuste parole sono fondamentali. Basta ascoltare una delle sue tante interviste.


Londra è il luogo dove Claudia riapprende la lingua per l’ennesima volta e cerca di nascondersi fino a “sentirsi inopportuna”. Integrata, nell' East London con un buon lavoro eppure straniera per una ragione sempre diversa, dopo Brexit ecco gli expats dichiararsi immigrati, apolidi o esuli, tutti  stranieri in una città London fatta da anni di stranieri, di “una migrazione quasi sempre libera, che non diventa mai naufragio”. 

La nonna di Claudia in America parlava un americano volutamente sbagliato, a suo modo coniando una nuova lingua; l'autrice è anche una traduttrice oltre che professionista dell'industria editoriale e questo aggiunge una dimensione a quanto scrive. 




LA FORMA e IL DOLORE
 
Il libro parla di una cosa che in molti abbiamo sperimentato, la massificazione delle mode. Il “recitare mantra e piegarsi a forma di ragno per lavarsi l’impurezza del giorno” “il cleasing ovunque” di questi “androgini salutisti”. Immaginali a Londra ma immaginali ovunque questi guru del successo, del benessere. “Le persone brutte hanno iniziato a sparire o a vivere in massa nelle stazioni”, dice.
Mi vengono in mente amiche a Manhattan, e le loro lotte quotidiane, ma nel piccolo, le nostre città, il modo di pensare privo di empatia, il dividere la gente - della comunicazione e della politica - in perdenti e vincenti. Ma mi viene in mente la malattia, il dolore e la morte, di cui non si parla al di fuori dei telegiornali, che si allontana per esorcizzarlo. Il dolore privato Claudia lo ha descritto con allegria. In un'intervista afferma:

“Una delle frasi per me più vere di questo libro è: ‘Non c’è nessuna violenza nella mia vita che io riesca a ricordare senza ridere’. Questo non significa neutralizzare il dolore o il vissuto: esistono più modi di raccontare un trauma, e io credo che nell’elaborazione del trauma si arrivi a un momento molto particolare, quasi magico, in cui pur essendo ancora presente nella memoria quel fatto crea un’emozione diversa, dato che ormai è tessuto cicatriziale. Con il passare degli anni cambia il modo in cui ce le si racconta, le cicatrici, e questo modo può essere anche ilare, se lo vogliamo”.

COSA C'E' ANCORA? C'E' LA STORIA RECENTE

Il focus che non ti aspetti di Claudia parla di classi sociali. Pare infatti che in Gran Bretagna sia molto sentito il dibattito sulla working class, come conseguenza della Brexit, ma come conseguenza anche di un cambiamento della città, della gentrification, degli attentati, di un'incapacità di integrazione reale. Zadie Smith, brava scrittrice britannica che divenne autrice di best seller dopo "White Theet",  rappresenta un po' il dibattito sociale inglese in letteratura, e in NW parla della condizione di persone tanto diverse che procedono gomito a gomito in una realtà isolante, dove ad accomunarli è solo il luogo in cui vivono, il quartiere North-West di Londra.

La classe si nota, fa capire ancora la Durastanti, da come ti vesti, da come consumi e mangi, da quanto sei in salute e da come parli. La sua condizione di "borghese" la mette in imbarazzo nella paura di non ridere "nella maniera giusta alle battute di un ragazzo", le mette voglia di sparire tra la folla. Questa assenza di radici che Londra fa sentire contrasta con il racconto allegro delle proprie origini, e pone una nuova dimensione semantica al concetto di "straniera". 

Tra questi stereotipi facili della middle class Claudia ne cita alcuni in un racconto pubblicato  qui: "Bilingue, Coachella Festival, soggiorno di studio all’estero, Apple".

Chissà se Claudia al di fuori di Londra farà pace con questa etichetta, lei che mi pare abbia tutta la consapevolezza della propria forza e della propria indipendenza.  Magari è solo colpa di Londra.


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